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Malus I, La Vecchia Osteria 4

Malus I, La Vecchia Osteria 4

mercoledì 16 marzo 2011

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« Un virus! Te l'avevo detto », esclamò Sophie scat­tando a sedere per vedere cosa stesse accadendo.
Dal Monitor era scomparso tutto ed al centro lampeggia­va una strana scritta rossa:  "Uhtfloga".  Desirée fissava a denti stretti con estremo odio lo schermo, quasi stesse ringhiando.
« Ditemi che non è vero! »
« Il bello di questi giochetti è che più uno tenta di eli­minarli, più gli facilita l’ingresso in altri sistemi. Pensa Desirée, molto probabilmente in quest’istante si sta diffon­dendo ad incredibile velocità, distruggendo tutti i dati della memoria centrale, tutto il tuo faticoso lavoro. Il frutto dei tuoi lunghi ed estenuanti studi, il tuo futuro, e tutto il resto possibile ed immaginabile » commentò con fare melodrammatico Sophie potandosi le mani al voluminoso petto, ma l’amica la fulminò con un’occhiataccia.
« Hai finito!», mentre tramite la tastiera tentava di spengere il computer « Maledizione, non si spegne », con rabbia pre­mette l’interruttore, senza ottene­re un risultato migliore.
« Si è bloccato », constatò seccata « Gaby stacca la presa, è vicina a te ».
« Non credo che risolverai molto spegnendo, dato che è ap­parso sullo schermo, molto probabilmente il virus avrà già contaminato il disco fisso », osservò Sophie divenuta infine se­ria.
« Gaby, si può sapere quanto ci metti a staccare quella maledetta presa? », imprecò Desirée.
« Veramente… io ho già staccato tutto quello che si po­teva staccare, anche la radio ».
Desirée non le credette e s’arrabbiò ancora di più, si chinò sotto il tavolo per controllare, poi fissò stupita le altre due.
« Dite, vi risulta che sia stato inventato un virus capace di fare fun­zionare un computer senza corrente? ».
« No, ma riuscendo a trasporre questa caratteristica su un programma normale si potrebbero fare soldi a palate. Un computer che funziona senza corrente è sempli­cemente fantastico », esclamò Sophie venendo ad appurare di persona. « Bellissimo! »
« Ma non riesci a pensare ad altro che ai soldi? », chiese sinceramente sconfortata Desirée, che invece aveva a cuore le sorti del proprio pc.
« Desy, sei sicura che in que­sta confusione non ci sia ancora una qualche presa inserita? » Domandò perplessa Gaby.
    « Credi che non sappia nemmeno quante prese ci so­no nella mia stanza? Qualcuno sa che cazzo significa quella maledetta parola, almeno la smettesse di lampeggiare! Mi snerva, maledizione! ».
« Il fatto che ti sia arrabbiata non giustifica un linguaggio simile, né tanto meno la perdita dell’autocontrollo » le fece elegantemente notare Sophie.
« Se ha distrutto il programma e i dati, sono sei mesi di lavoro che vanno a farsi fottere, posso ricominciare a scrivere la tesi da capo, non so se mi sono spiegata. E tanto per capirci in una circostanza simile io non mi modero per niente, e uso il peggior linguaggio da caserma che conosco. Chiaro? »
« Usa la testa invece e cerchiamo di capire che cosa sta succedendo » le suggerì Sophie restando calma, così Desirée si risedette al computer brontolando parolacce varie.
« Assurdo, devo mettermi a un computer che in teoria do­vrebbe essere spento, che faccio? »
« Non saprei, prova a ridigitare la parola ».
« E' questo il cosetto per fare par­lare il computer? », e senza attendere una risposta, Gaby pre­mette il pulsante, ed il computer cominciò a ripetere con voce metallica e di­storta la parola.
Desirée intanto aveva inserito lo strano nome ed imme­diatamente con gran sollievo delle ragazze la scritta scomparve e lo schermo divenne completamente nero.
« Perché continua a ripetere quella parola invece di starsi zitto, ora che è sparito tutto? », domandò giustamente Gaby alle altre due, che scrutavano sospettose il monitor, dove intanto erano apparsi due piccoli puntini rossi che andavano ingrandendosi. Il computer aveva smesso di sillabare la strana parola, adesso formulava intere frasi con voce sempre meno elettronica e artefatta, sempre più possente.
I due punti continuavano ad ingrandirsi assumendo l’aspetto di due occhi rossi che fissavano intensamente le ragazze. Gli occhi erano molto realistici celavano in sé una viva intelligenza, seminascosti dal manto di un uomo incappucciato che stringeva tra le mani un bastone nodoso, non cessavano d’avvicinarsi, tanto che infine lo schermo non poté contenerne che uno solo. La vo­ce non aveva più niente d’elettronico, ma era divenuta rauca e gutturale, talmente alta da rimbombare per tutta la stanza facendo vibrare i vetri. Falstaff con maggiore prontezza di tutti scappò dalla stan­za.
Le ragazze fecero per seguirlo, ma Desirée nel tentativo di allontanarsi più in fretta cadde dalla sedia; però, così com’era venuto, scomparve tutto, lasciandole attonite e im­mobili a fissare il monitor spento. Sophie, aveva già raggiunto la porta, senza essere riuscita a girare la maniglia, non essendosi accorta che il princi­pale impedimento era costituito da Gaby, che nel tentare la fuga era inciampata su Falstaff e aveva fato chiudere la porta sulla quale era caduta.
La prima a riprendersi fu proprio Sophie, che riassettandosi i riccioli farfugliò.
« Che diavolo era? »

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