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Malus I. Segreti in cantina 6,

Malus I. Segreti in cantina 6,

sabato 7 maggio 2011

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Tempo due giorni come promesso Gaby era riuscita a decifrare parte del testo e ad individuare una parola che sembrava essere il toponimo di un luogo non molto distante dalla loro cittadina, così decisero di andarlo ad ispezionare al più presto.
« Eccoci arrivati, con la macchina non possiamo andare oltre », disse Sophie, accostando lo spiderino ai bordi della strada in terra battuta. Gaby era seduta dietro insieme a Falstaff, le braccia incrociate sul petto per sottolineare il malumore che il broncio sembrava non esprimere a sufficienza.
« Mi è perfettamente chiaro, che una volta scoperto che nel messaggio è menzionato l’antico nome del mona­stero di Seelamp, voi voleste andarci. La colpa è mia che ve l’ho detto, ma non capisco per­ché questo non potevamo farlo di giorno alla luce del Sole? ».
« Prima avevamo da fare, siamo personcine molto impegnate », controbatté Sophie aprendole la portiera.
« Tra l’altro per quell’essere con gli occhi rossi sembra non esserci molta differenza tra giorno e notte, dato che è venuto a trovarci di mattina. L’unica cosa su cui avrei da ridire io, è che potevamo tirare giù la cappotta, sono appena stata dal parrucchiere e voi sapete quanto detesti andarci », aggiunse Desirée, metten­dosi sulle spalle lo zaino, ma Gaby insisteva.
« Si tratta di una struttura abbandonata e comunque il tuo parrucchiere non è un granché ».
« Bella forza, se ci fossero ancora i monaci, complessati come sono, credi che permetterebbero a tre graziose ragazze di venire a curio­sare nel cuore della notte? » Le fece notare Sophie, sbat­tendo la portiera della macchina, esasperata dai discorsi che aveva dovuto ascoltare durante tutto il tragitto e rivolta a Desirée aggiunse « Si risparmia su tutto, ma non sul parrucchiere, sembra che tu odi i tuoi capelli, eppure sono così belli e folti »..
« Ma… è abbandonato proprio perché porta male » ribatté Gaby.
« Andiamo, tanto, se la conosco bene, prima che avremo raggiunto il monastero ci avrà raccontato tutti i fat­tacci ri­guardanti questo posto, in modo da potere condivi­dere con noi la sua paura, ci vuole spaventare. Per il momento l’unica cosa che potrebbe spaventarmi è dovere tornare dal parrucchiere, è un po’ come andare dal dentista » disse scherzosa­mente Desirée, avviandosi lungo la strada che s’inoltrava nel bosco, dove già scorazzava allegramente Falstaff annusando eccitato l’aria della sera. « E comunque quel poveraccio del mio parrucchiere ha fatto quel che poteva, doveva tagliare via tutte le ciocche bruciacchiate »
« Ah, quindi quel taglio non è una cosa voluta?  Meno male, non avevo detto niente temendo che fosse un ritorno al tuo passato » commentò con un sospiro di sollievo Sophie.
« L’umidità te li sta incurvando in modo strano » disse Gaby osservandoli da vicino.
« Sì, lo so tra poco avrò l’aspetto di un cartone animato giapponese » piagnucolò lamentosa Desirée e per distrarre le amiche dalla sua capigliatura ribelle, incitò Gaby a raccontare delle sue scoperte.
« Fu fondato intorno al nono - decimo secolo, pare su resti di un santuario pagano, come sapete in queste zone il paganesimo sopravvisse a lungo ... ».
« Finora l’unica cosa eccezionale è il sottomarino in cantina », forse Sophie aveva preso male la questione della cantina.
« Fu saccheggiato e tutti i monaci trucidati dai Nor­manni ».
« Sì, ma non bisogna prendersela personalmente, quelli massacravano tutti indistintamente, erano fatti così non c’era cattiveria », commentò Desirée sostenuta da Sophie che aggiunse
« Non mi toccate i Normanni! Se non avessero invaso queste zone probabilmente non sarei stata così alta e bion­da, ma sarei stata ...» Stava per dire celta e bassa, ma guardò Gaby e preferì non proseguire per la propria incolumità, intanto Desirée stava ridendo di gusto, sapendo che osservazioni così pro­fane mandavano in bestia la piccola furia rossa sinceramente legata alle proprie ideologie progressiste.
« Che egoismo, solo perché tu mille anni dopo...».
« Dai continua », l'interruppe Desirée, onde evitare un’ulteriore battibecco. Gaby sbuffò seccata e proseguì col racconto.
« Tra saccheggi ed incendi di varia origine è stato di­strutto tanto spesso che nel quattordicesimo secolo è stato abbandonato definitivamen­te. Eccolo! », esclamò indicando oltre gli alberi del bosco una massa scura dai contorni irregolari che si stagliava contro il cielo grigio tenuemente illuminato dalla pallida notte. Tutt’intorno c’era un desolato piano erboso, spazzato dal vento che giungeva fin lì dal vicino mare.
« Non finisce qui, tutti coloro che da allora hanno com­prato il terreno sono finiti male ».
« E lo credo, bisogna essere fessi a comprarsi una landa desertica come questa, che reddito potrà mai avere, che cosa può produrre? Guarda un po' che terra, c' è da stupirsi che ri­e­sca a crescere l’erba. » Disse So­phie dando un calcio a una zolla sassosa.
« Voi state cercando di farmi credere d’essere l’unica ad avere paura, ma la verità è che voi non avete nemmeno il coraggio di ammetter­lo, invece, quando siete sole la sera guardate sotto il letto per paura che vi sia un mostro ».
« Io non ho mai negato di guardare sotto il letto ... e saltuariamente in qualche altro posto, dipende », ammise Sophie, ma Desirée la schernì con una sonora risata, ag­giungendo con aria superiore.
« A me non verrebbe mai in mente di guardare sotto il letto ».
« Per forza: ci sono i cassetti! Non c’è posto nem­meno per un mostro nano.» Intervenne Gaby ridendo, mentre Sophie coglieva l’occasione per chiedere.
« Desirée, ma a casa tua, ai tempi in cui era ancora una locanda, non è stato commesso uno di quei delitti famosi? Non avete i fantasmi?».
« No, è accaduto in una piccola bettola ai piedi della collina, credo che sia stata uccisa una contessa fuggita con l’amante. Una di quelle storie torbide, che nes­suno riesce a capire proprio perché torbide. La bettola fu trasformata in stalla. Un mio antenato ha solo com­prato l’insegna e l’ha attaccata da­vanti a casa nostra, sapessi i soldi che si è fatto, la gente veniva da tutta la Francia per sentire la storia della contes­sa, ovviamente un po' impreziosita. »
« Ma… scusa, la gente del posto sapeva che non era la locanda originale », obiettò Sophie.
« Sai come sono da queste parti, la birra era buona e la pubblicità è l’anima del commercio, e poi già allora era una copertura », spiegò Desirée.
« Tanto qualche decennio dopo hanno preso a tagliare la testa a tutti quei bastardi nobili », si sfogava Gaby.
« Altra occasione in cui può risultare redditizio avere una locanda un po' nascosta vicino al mare » si vantò Desirée, mentre Gaby rimarcava la sua osservazione con un « Altroché, i suoi antenati avevano la locanda, i miei le barche da pesca per liberare la Francia dai nobili e spedirli in Inghilterra ».
Chiacchierando avevano quasi raggiunto i ruderi del monastero, adesso si vedeva bene una parte più mal ri­dotta: costituita da di­versi piccoli edifici, che in tempi lontani erano stati un monastero, addossati ad una struttura più imponente ed in parte anche meglio conservata, che dalla forma della facciata non poteva essere altro che la chiesa abbaziale.
Giunte sulla soglia, di quella che era stata una chiesa, rimasero però un po' deluse: il soffitto era completamente crollato, tra­scinando con sé gran parte dei colonnati e delle pareti laterali. L’interno era ingombro da grosse parti di muratura e colonne divelte, c’erano vistose brecce anche lungo le pareti laterali. L’unica zona che riusciva ancora a tenere testa all’impetuoso vento del mare, era il muro di fondo del coro.
« Qua ci cade qualcosa in testa ragazze», osservò preoccupata Desirée, ispezionando con la torcia elettrica l’interno dell’edificio.

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