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Galileo / Archimede, perché l’infinito.

Galileo / Archimede, perché l’infinito.

giovedì 1 marzo 2012

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Abbiamo pensato che prima di proseguire con l’infinito archimedeo dove le cose si complicano, sia meglio spiegare il perché di tanta tensione intorno a quest’idea ed il motivo della sua importanza, o almeno ci vorremmo provare.
Pur essendo un concetto che si potrebbe sembrare astratto, l’infinito è molto importante da un punto di vista pratico: ci serve nella vita quotidiana.
L’infinito ha due direzioni nelle quali creare problemi agli studiosi: verso il macro, il grande, si arriva quindi alla questione dell’universo infinito, e verso il piccolo, che in matematica significa la divisibilità della retta (una grandezza, per usare la terminologia della matematica classica, dove una grandezza può essere qualsiasi elemento geometrico, in Archimede anche il tempo).
Come detto, non si tratta di vezzi accademici, o della curiosità di alcuni matematici dell’antichità, che non avendo niente di meglio da fare, si chiesero come dividere un segmento. La questione è ben più complessa, nacque con i pitagorici e si impose come grave necessità nel momento in cui si giunse alla razionalizzazione della geometria per cui alcuni matematici e filosofi come Parmenide, Zenone e Democrito cominciarono ad intendere le figure geometriche come composte da una quantità infinità di elementi, quindi non solo avevano bisogno dell’infinito per potere lavorare, ma di una matematica dell’infinito che permettesse di gestire i rapporti tra  figure geometriche, per questo motivo Eudosso e Archimede, che furono tra il risolutori del problema, vengono definiti i padri del calcolo infinitesimale.
Il difficile problema dell’infinita divisibilità della retta, noto anche come il Continuo, impegnò alcune delle più eccellenti menti matematiche della storia, trovò una soluzione definitiva, a tutt’oggi valida, nella cosiddetta teoria delle proporzioni, nota anche come assioma di Archimede, che nella sua versione eudossiana costituisce la base della moderna definizione di numero.
Facciamo una breve e molto sommaria escursione nella teoria delle proporzioni, così capiremo anche perché a Galileo interessava l’infinito.
La teoria delle proporzioni non raggiunge una conclusione unitaria, ma sfaccettata. Il nucleo originale, di cui l’assioma di Archimede  costituisce un ulteriore raffinamento, in base alla testimonianza dello stesso Archimede sembra doversi attribuire ad Eudosso di Cnido, allievo del pitagorico Archita di Taranto, ed afferma:
Date due grandezze disuguali non nulle, la minore sommata a se stessa un numero sufficiente di volte, finirà col superare la maggiore”,
Di maggiore successo fu la versione di Euclide più generale e quindi di facile applicazione, conservata in Elementi V.5, un capolavoro sia filosofico che logico/scientifico del pensiero Occidentale.
La teoria delle proporzioni nelle sue diverse sfaccettature e spesso usata nei teoremi archimedei ed è anche  alla base delle leggi sul moto uniforme, elaborate da Archimede nello studio sulle spirali, dove la stessa spirale è una curva che ruota sul proprio asse secondo un determinata proporzione estendendosi all’infinito. La prima proposizione delle Spirali afferma:
Se un punto si sposta con velocità uniforme su una linea e su questa linea si prendono due segmenti, i segmenti presi hanno tra loro lo stesso rapporto che i tempi impiegati dal punto per precorrerli”.
 Impossibile concepire o elaborare il moto senza una teoria che regoli il rapporto tra due o più grandezze (rette) e la loro divisibilità. Fu quindi la maturità raggiunta dalla matematica del suo tempo che permise ad Archimede di concepire uno studio così complesso come quello sulle spirali.
Similmente anche Galileo, si interessò alla teoria delle proporzioni per elaborare le leggi sul moto, solo che qui subentra, come ha notato Frajese, una piccola variante tra maestro e allievo, sembra infatti che Archimede, nel caso specifico delle leggi sul moto, abbia fatto ricorso non al suo assioma, bensì alla più antica versione eudossiana, mentre Galileo usa quella euclidea. Lo sforzo scientifico maggiore in questo caso fu però di Galileo, che essendo ancora legato a una concezione platonica della matematica, aveva difficoltà a comprendere a fondo la teoria delle proporzioni, ciò nonostante riuscì a sviluppare le leggi sul moto.
Con questo speriamo di essere riusciti a dare uno stralcio del perché lo studio sull’infinito è stato così importante nella storia dell’uomo, e del perché se noi oggi riusciamo a calcolare il movimento, il ché significa fare muovere gli oggetti e noi stessi, lo dobbiamo agli scienziati che più di 2500 anni fa, hanno gettato le basi della nostra scienza, e lo hanno fatto così bene che regge tutt’ora in modo mirabile; se non si arrivò prima ad ottenere i risultati che abbiamo oggi, è perché purtroppo ben presto comparvero filosofie come lo scetticismo che tolsero credibilità al procedimento scientifico, guerre e sete di potere fecero il resto. Il sapere umano nonostante tutto è un fiore estremamente delicato e labile, ancora oggi, nonostante internet.

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